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Veltroni: non ce l'ho fatta, vi chiedo scusa

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Messaggio  sanis Mer Feb 18, 2009 2:59 pm

MILANO - Il Pd non è nato come un «partito-Vinavil» capace di «tenere incollata qualsiasi cosa». E' al contrario un progetto ambizioso e a lungo termine, finalizzato a «far diventare il riformismo maggioranza nel Paese». Un partito inserito nella società, capace di raccoglierne le istanze e gli umori. Capace di voltare pagina e superare «questa Italia da Gattopardo». E di sconfiggere una destra e un Berlusconi che hanno vinto «una battaglia di egemonia nella società» e che ora «hanno la possibilità anche di stravolgere i valori della società stessa, costruendo un sistema di disvalori contro i quali bisogna combattere con coraggio». Per fare questo occorreva dar vita ad un partito nuovo, mai visto nella storia italiana del dopoguerra. Tuttavia, «io non ci sono riuscito ed è per questo che lascio e chiedo scusa». Walter Veltroni spiega così, in un intervento di commiato davanti alla stampa e a molti dirigenti del centro sinistra, le dimissioni da segretario del Partito democratico all'indomani della sconfitta elettorale in Sardegna. Un risultato, quello sardo, che ha certamente influito sulla decisione ma che non ne è stato la causa: «già nei giorni scorsi - sottolinea l'ormai ex numero uno del centrosinistra - era chiaro che si dovesse aprire una pagina nuova». Dario Franceschini assumerà il ruolo di reggente del partito fino a che non sarà presa una decisione sul nuovo vertice. E per sabato è convocata l'assemblea costituente del Pd che avrà all'ordine del giorno le dimissioni del segretario e gli adempimenti statutari conseguenti.

IL RIMPIANTO - Veltroni inizia il suo intervento nella sala Adriano di Piazza Di Pietra a Roma parlando di «rimpianto», per un'idea buona ma partita troppo tardi, perché «il Pd doveva nascere già nel 1996», dopo la vittoria elettorale di Prodi. «L'idea alla base dell'Ulivo - spiega Veltroni - era la possibilità di cambiare il Paese, cosa che il governo Prodi, che al suo interno aveva due ministri che sarebbero poi diventati presidenti della Repubblica, aveva iniziato a fare. E se l'esperienza di quel governo fosse stata portata a termine, tutto il corso della storia italiana sarebbe stato diverso». E oggi che il Partito democratico è nato, aggiunge, è la «realizzazione di un sogno» perché dal dopoguerra «non c'è mai stato un ciclo veramente riformista». L'Italia, secondo Veltroni, è un po' quella da Gattopardo, una nazione che non riesce a cambiare mai nel suo assecondare vocazioni e privilegi e che il centrodestra a suo dire interpreta assai bene. «E qui sta, secondo me, la sfida principale del Partito democratico, ovvero la sua vocazione maggioritaria: conquistare il consenso con una maggioranza reale, perché dal 1994 noi non abbiamo mai avuto la maggioranza degli italiani ma è a quella che dobbiamo puntare. Perché se non creiamo una grande forza riformista, questo Paese non cambierà mai».

IL PARTITO-VINAVIL E L'EGEMONIA DI BERLUSCONI - «Il Pd - puntualizza Veltroni - non deve essere una sorta di Vinavil che tiene incollata qualunque cosa. E' nella società che deve essere chiara la nostra proposta. La destra ha vinto, il successo del Pdl per noi è difficile da capire. Berlusconi ha vinto una battaglia di egemonia nella società, perché ha avuto i mezzi e la possibilità anche di stravolgere i valori della società stessa, costruendo un sistema di disvalori contro i quali bisogna combattere con coraggio, anche quando il vento è più basso, ma sapendo che se la vela è posizionata nella giusta direzione, prima o poi arriverà il vento alle spalle che spingerà in avanti». Ma il vero problema, secondo Veltroni, non è la politica di Berlusconi, bensì il fatto che questa posizione riesca a conquistare consenso tra gli elettori.

«IL PD IO L'HO VISTO» - Il segretario uscente ha poi spiegato i tre punti su cui il Pd ha cercato di impegnarsi in questi mesi. A partire dalla semplificazione della vita politica e sociale del Paese, concetto, questo, che «non è figlio della volontà di ridurre le differenze, ma è l'idea di una democrazia che decida». Poi l' innovazione programmatica, il superamento dei vecchi schemi della sinistra, per affrontare le nuove sfide della società. E, terzo, l'innovazione della forma partito: «Speravo se ne potesse realizzare uno nuovo, aperto» con una partecipazione forte dal basso, «non come nella destra dove c'è uno solo che decide». «Io a tratti il Partito democratico l'ho visto» sottolinea però Veltroni ricordando tutti i principali momenti di coinvolgimento della base popolare del centrosinistra, dalle elezioni dello scorso anno alla manifestazione del Circo massimo, passando per le iniziative a difesa della Costituzione.

«NON CE L'HO FATTA» - Viene poi il momento dell'assunzione di responsabilità. «Non ce l'ho fatta a fare il partito che sognavo io e che sognavano i 3 milioni e mezzo di cittadini che hanno votato alle primarie - dice con determinazione -. Non ce l'ho fatta e me ne scuso. Sento di non aver corrisposto alla spinta di innovazione che c'era e di non averlo fatto forse per un riflesso interiore che mi ha portato al tentativo costante di tenerci uniti». Del resto, «in questo partito c'è bisogno di più solidarietà, che ci si senta tutti maggiormente squadra, che vi sia una partecipazione comune ad un disegno che è compito di chi è chiamato a dirigere assicurare». «Penso - evidenzia poi Veltroni - che il passaggio che si farà nei prossimi giorni si dovrà accompagnare a energie nuove, dovremmo fare un partito capace di raccogliere sempre di più la sua esperienza, capace di non chiedere più a nessuno "da dove vieni", ma solo "dove vai"». Alla manifestazione del 25 ottobre, ad esempio, «c'erano solo bandiere del Pd, non quelle dei vecchi partiti».

«BASTA CON LA SINISTRA SALOTTIERA» - Per Veltroni è necessario «passare da sinistra salottiera, giustizialista e conservatrice» ad un centrosinistra che creda nella legalità, che abbia coraggio di cambiare, che riscopra il contatto con la società: insomma, «fuori dalle stanze e dentro la vita reale delle persone».

«SCELTA DOLOROSA MA GIUSTA» - «Ma io non sono riuscito a fare tutto ciò ed è per questo che mi faccio da parte - ribadisce ancora una volta il segretario uscente -. E' una scelta dolorosa ma giusta, anche per mettere al riparo il Pd da ulteriori tensioni e logoramenti. Era chiaro già nei giorni scorsi che si dovesse aprire una pagina nuova». «Non chiedete con l'orologio in mano a chi verrà dopo di me di ottenere subito dei risultati» dice poi Veltroni, perché «un grande progetto richiede anni, come è capitato con Mitterand o Lula». In Germania o in Gran Bretagna, ricorda poi Veltroni, i progressisti hanno perso le elezioni locali e nessuno si è dimesso. «Noi invece in questi anni abbiamo cambiato sei o sette leadership, mentre Berlusconi è sempre lì, che vinca o che perda. Quindi - dice il leader del Pd - a chi verrà dopo di me si conceda il tempo di lavorare, quello che io forse non mi sono conquistato sul campo». C'è spazio anche per una citazione biblica: «Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. Anzi, a me è stato fatto, ma io non lo farò». Veltroni invita poi a recuperare l'orgoglio dell'appartenenza e considerando che il lavoro da fare per cambiare il paese è molto, puntualizza, «non si può mettere insieme tutto e il contrario di tutto», ma «è necessario che la spinta riformista prevalga».

«VERRA' IL TEMPO...» - «Il Pd dovrà unire il Paese - commenta infine l'ex segretario al termine del suo messaggio di commiato - mentre la destra lo vuole dividere. Unirlo tra forze sociali, tra nord e sud, tra giovani e anziani. Verrà un tempo in cui questo possa accadere. Io spero di avere dato un contributo. Ora lascio ma con assoluta serenità e senza sbattere la porta, al contrario cercherò di dare una mano a questo progetto. Quando camminerò per la mia città - dice in conclusione Veltroni annunciando di aver già chiesto che gli venga revocata la scorta e dedicando un lungo capitolo ai ringraziamenti di tutte le persone che hanno collaborato con lui in questi mesi (con un pensiero anche a i presidenti delle Camere, Fini e Schifani, definiti "interlocutori corretti) - avrò la sensazione di aver passato la mia vita a fare cose per gli altri. Sono più portato ad essere uomo delle istituzioni che uomo di partito. Adesso avrò modo di gestire il mio tempo». Poi un'esortazione finale: «Non bisogna tornare indietro. Oggi ci sono le condizioni perché questo partito possa finalmente realizzare il sogno di una maggioranza riformista in questo Paese, il sogno di una stagione in cui il riformismo si fa maggioranza. Non venga mai la tentazione di pensare che c’è uno ieri migliore dell’oggi».

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