Totti: «Era meglio perdere 3-0 Così è peggio di una coltellata»

ROMA (12 marzo) - Piangono anche i capitani, Francesco Totti, con la maglia sopra gli occhi per non guardare, piangono quelli che sbagliano i rigori, Vucinic e Tonetto, piangono i puffi biondi, Riise, quelli fatti di ferro, Pizarro, e persino Diamoutene, quelli che non ci dovevano nemmeno stare. Sono singhiozzi, pianti veri, pianti vuoti, pianti a perdere, i più sinceri. Soprattutto Totti, proprio lui, piange come praticamente mai prima, disperato: va sotto la curva e gli occhi sono due fessure, poi nasconde la testa sotto la maglietta e continua a camminare. Davanti agli occhi appannati degli amanti delusi in curva, l’immagine della Roma è quella del suo capitano, mentre la notte che sembrava bella e luminosa diventa un pozzo nero. Non ci sarà la Roma nella finale a Roma, mentre torna in mente lo spettro di 25 anni fa col Liverpool, corsi e ricorsi di maledizione perché anche quella volta dal dischetto la Roma andò in vantaggio. Totti lancia la maglia ai tifosi, poi torna a nascondersi sotto il piumino.

Le lacrime sono una categoria interclassista, piange Totti e piangono in curva, uomini e donne, ricchi e poveri, giovani e anziani, tifosi. Lacrime unite, vere, per sogni finti e sbagliati. Le storie della Roma finiscono spesso così, in maniera traumatica, in cima a serate che si immaginano magiche e poi invece si rivelano solo un’ammucchiata di delusioni. Spalletti voleva giocatori capaci di ”raspare” e ha raspato persino Totti, il cuore oltre l’ostacolo, 120 minuti di orgoglio e pura sofferenza, stringendo i denti; e, pur di esserci, il ginocchio destro avvolto da un tutore. Allora lacrime e parole si mischiano: «Era meglio perdere 3 a 0 - dice in un soffio Totti - per me questa sconfitta è stata come una coltellata, una di quelle che taglia e non lascia sangue, quelle che fanno più male».

Totti è talmente deluso che parla ma prosciuga le frasi al punto che ne lascia solo gli spezzoni, si, no, male, peccato. La Roma lascia l’Olimpico che è ormai quasi l’una di notte, il pullman scappa via, divise sgualcite, uomini traditi all’ultimo giro di pallina. La verità e la sconfitta erano come al solito nella coda. Meglio allora nascondere lo sguardo sotto un piumino o una tuta o una maglietta, domani sarà già un altro giorno e si vedrà. Ora è troppo dura, niente quarti, ancora una squadra inglese che ti butta fuori, ancora ai rigori, ancora infortuni, dunque le lacrime sono le cose migliori per racchiudere la notte sbagliata. Era destino, si doveva capire dall’infortunio di Juan, dal rigore non dato su Motta, dal gol bestiale divorato da Baptista. Meglio piangerci su. Passa prima.