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Stupro Caffarella: fermato 9 volte e graziato. Per il giudice non è pericoloso
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Stupro Caffarella: fermato 9 volte e graziato. Per il giudice non è pericoloso
Un avvocato con le funzioni di magistrato ha fatto restare in Italia il romeno Loyos
ROMA — Due arresti per rapina con lesioni e furto aggravato, più una denuncia per ricettazione collezionati nel giro di due settimane, tra il 27 settembre e l'11 ottobre 2007. E una condanna a cinque mesi di carcere, arrivata l'8 febbraio 2008. Questo c'era a carico di Alexandru Isztoika Loyos (o Loais, o altri alias) quando il prefetto di Roma l'aveva espulso dall'Italia. Ma non è bastato. Gli arresti, la denuncia e la condanna «non appaiono sufficienti a integrare l'ipotesi della minaccia concreta, effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona ovvero dell'incolumità pubblica, e tale da determinare l'ulteriore permanenza sul territorio incompatibile con la civile e sicura convivenza».
Neppure la sentenza di colpevolezza «per uno dei reati di cui al decreto prefettizio», segnalata dal rappresentante della questura durante l'udienza, «non fornisce l'indicazione di fatti circostanziati e idonei a giustificare l'allontanamento immediato del cittadino rumeno». Così ha scritto, il 15 luglio scorso, il giudice onorario del tribunale civile di Bologna, Mariangela Gentile, quando ha annullato il provvedimento della questura di Viterbo (città nella quale il rumeno aveva scontato la pena, e dove era stato scarcerato) in esecuzione del decreto di espulsione «per motivi imperativi di pubblica sicurezza», emesso il 2 maggio dal prefetto di Roma. Una decisione presa da uno dei giudici onorari appunto, quindi non magistrati in carriera, ai quali la legge ha affidato i ricorsi contro i decreti di espulsione.
Amministratori di giustizia reclutati in maggior parte tra gli avvocati, come la dottoressa Gentile; rappresentanti del popolo, potrebbe dire qualcuno. In questo caso, uno di loro ha stabilito che Isztoika Loyos (indicato con l'ulteriore alias di Stoika Loatos) non era un pericolo per la collettività, e quindi l'ha fatto uscire dal Centro di identificazione e espulsione di Bologna, dov'era rinchiuso, facendolo tornare un cittadino della comunità europea libero di circolare in Italia. E di rientrare nel sottobosco dell'illegalità, come testimonia il nuovo arresto del 10 ottobre scorso, sempre per furto aggravato, oltre a una seconda condanna a due mesi di galera. Fino allo stupro di San Valentino, orribile degenerazione del furto di un telefonino e di circa 70 euro ai due ragazzini sorpresi nel parco della Caffarella; venti ne aveva ancora con sé al momento della cattura.
Girava per giardini comunali, Alexandru Loyos, e la foto decisiva mostrata dagli uomini della Mobile di Roma alla giovanissima vittima della violenza sessuale che l'ha riconosciuta al primo sguardo è saltata fuori dal cosiddetto «album dei parchi»; una serie di immagini segnaletiche messe insieme dagli agenti guidati dal dirigente Vittorio Rizzi con l'ausilio degli uomini della Guardia forestale che accompagnano i poliziotti nelle perlustrazioni e annotano i nomi degli stranieri identificati nel verde pubblico in appositi elenchi. Si muoveva parecchio per la città, il rumeno non ancora ventenne; gli arresti e le denunce di Roma sono stati effettuate dal commissariato di Primavalle, dai carabinieri della Storta e della borgata Ottavia, da quelli di Trastevere. Rubava, ma per il giudice onorario Gentile i fatti riassunti dal prefetto per rimandarlo a casa (in base al decreto legislativo approvato dal governo Prodi nel novembre 2007, all'indomani dell'omicidio della signora Reggiani a Tor di Quinto) erano «non circostanziati ma solo genericamente indicati».
I fotosegnalamenti di Loyos, nel corso dei tre anni passati in Italia, sono stati in tutto nove. L'ultimo alla fine di gennaio, dopo un altro stupro avvenuto a Primavalle. E all'Ufficio immigrazione della questura di Roma, prima dell'arresto dell'altra notte, stavano già preparando una nuova proposta di allontanamento. Ne sottolineavano la «pericolosità sociale in relazione alla condotta» dovuta alla «mancata integrazione», elencando daccapo denunce, arresti e condanne, nonché «l'assenza di una stabile occupazione lavorativa, tale da ritenere che il soggetto tragga le fonti del proprio sostentamento attraverso la commissione di reati contro il patrimonio». Dopo la cattura per lo stupro, ieri, ne è stato predisposta un'altra - aggiornata con gli ultimi reati - e il prefetto ha firmato il decreto. Diventerà esecutivo se e quando Loyos uscirà di galera, giudici onorari permettendo. Perché c'è sempre l'incognita del ricorso e della mancata convalida dell'allontanamento, anche se le cifre indicano che si tratta di una quota ridotta.
Da quando è in vigore il decreto del governo Prodi, a Roma sono stati emessi 1.115 provvedimenti di espulsione di cittadini comunitari, e quelli annullati sono 89, circa il 7 per cento. Le persone da rispedire in patria sono quasi tutti rumene, 458 delle 507 passati dai centri di identificazione; seguono a grandissima distanza i polacchi (32) e poche unità provenienti da altri Paesi. Tornando ai 1.115 da mandare via, quelli effettivamente rimpatriati sono soltanto 357 (31 per cento), altri 188 stanno in carcere in attesa di giudizio o per scontare una pena. Attualmente liberi, e in teoria ricercati, sono 464, il quaranta per cento del totale.
www.corriere.it
ROMA — Due arresti per rapina con lesioni e furto aggravato, più una denuncia per ricettazione collezionati nel giro di due settimane, tra il 27 settembre e l'11 ottobre 2007. E una condanna a cinque mesi di carcere, arrivata l'8 febbraio 2008. Questo c'era a carico di Alexandru Isztoika Loyos (o Loais, o altri alias) quando il prefetto di Roma l'aveva espulso dall'Italia. Ma non è bastato. Gli arresti, la denuncia e la condanna «non appaiono sufficienti a integrare l'ipotesi della minaccia concreta, effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona ovvero dell'incolumità pubblica, e tale da determinare l'ulteriore permanenza sul territorio incompatibile con la civile e sicura convivenza».
Neppure la sentenza di colpevolezza «per uno dei reati di cui al decreto prefettizio», segnalata dal rappresentante della questura durante l'udienza, «non fornisce l'indicazione di fatti circostanziati e idonei a giustificare l'allontanamento immediato del cittadino rumeno». Così ha scritto, il 15 luglio scorso, il giudice onorario del tribunale civile di Bologna, Mariangela Gentile, quando ha annullato il provvedimento della questura di Viterbo (città nella quale il rumeno aveva scontato la pena, e dove era stato scarcerato) in esecuzione del decreto di espulsione «per motivi imperativi di pubblica sicurezza», emesso il 2 maggio dal prefetto di Roma. Una decisione presa da uno dei giudici onorari appunto, quindi non magistrati in carriera, ai quali la legge ha affidato i ricorsi contro i decreti di espulsione.
Amministratori di giustizia reclutati in maggior parte tra gli avvocati, come la dottoressa Gentile; rappresentanti del popolo, potrebbe dire qualcuno. In questo caso, uno di loro ha stabilito che Isztoika Loyos (indicato con l'ulteriore alias di Stoika Loatos) non era un pericolo per la collettività, e quindi l'ha fatto uscire dal Centro di identificazione e espulsione di Bologna, dov'era rinchiuso, facendolo tornare un cittadino della comunità europea libero di circolare in Italia. E di rientrare nel sottobosco dell'illegalità, come testimonia il nuovo arresto del 10 ottobre scorso, sempre per furto aggravato, oltre a una seconda condanna a due mesi di galera. Fino allo stupro di San Valentino, orribile degenerazione del furto di un telefonino e di circa 70 euro ai due ragazzini sorpresi nel parco della Caffarella; venti ne aveva ancora con sé al momento della cattura.
Girava per giardini comunali, Alexandru Loyos, e la foto decisiva mostrata dagli uomini della Mobile di Roma alla giovanissima vittima della violenza sessuale che l'ha riconosciuta al primo sguardo è saltata fuori dal cosiddetto «album dei parchi»; una serie di immagini segnaletiche messe insieme dagli agenti guidati dal dirigente Vittorio Rizzi con l'ausilio degli uomini della Guardia forestale che accompagnano i poliziotti nelle perlustrazioni e annotano i nomi degli stranieri identificati nel verde pubblico in appositi elenchi. Si muoveva parecchio per la città, il rumeno non ancora ventenne; gli arresti e le denunce di Roma sono stati effettuate dal commissariato di Primavalle, dai carabinieri della Storta e della borgata Ottavia, da quelli di Trastevere. Rubava, ma per il giudice onorario Gentile i fatti riassunti dal prefetto per rimandarlo a casa (in base al decreto legislativo approvato dal governo Prodi nel novembre 2007, all'indomani dell'omicidio della signora Reggiani a Tor di Quinto) erano «non circostanziati ma solo genericamente indicati».
I fotosegnalamenti di Loyos, nel corso dei tre anni passati in Italia, sono stati in tutto nove. L'ultimo alla fine di gennaio, dopo un altro stupro avvenuto a Primavalle. E all'Ufficio immigrazione della questura di Roma, prima dell'arresto dell'altra notte, stavano già preparando una nuova proposta di allontanamento. Ne sottolineavano la «pericolosità sociale in relazione alla condotta» dovuta alla «mancata integrazione», elencando daccapo denunce, arresti e condanne, nonché «l'assenza di una stabile occupazione lavorativa, tale da ritenere che il soggetto tragga le fonti del proprio sostentamento attraverso la commissione di reati contro il patrimonio». Dopo la cattura per lo stupro, ieri, ne è stato predisposta un'altra - aggiornata con gli ultimi reati - e il prefetto ha firmato il decreto. Diventerà esecutivo se e quando Loyos uscirà di galera, giudici onorari permettendo. Perché c'è sempre l'incognita del ricorso e della mancata convalida dell'allontanamento, anche se le cifre indicano che si tratta di una quota ridotta.
Da quando è in vigore il decreto del governo Prodi, a Roma sono stati emessi 1.115 provvedimenti di espulsione di cittadini comunitari, e quelli annullati sono 89, circa il 7 per cento. Le persone da rispedire in patria sono quasi tutti rumene, 458 delle 507 passati dai centri di identificazione; seguono a grandissima distanza i polacchi (32) e poche unità provenienti da altri Paesi. Tornando ai 1.115 da mandare via, quelli effettivamente rimpatriati sono soltanto 357 (31 per cento), altri 188 stanno in carcere in attesa di giudizio o per scontare una pena. Attualmente liberi, e in teoria ricercati, sono 464, il quaranta per cento del totale.
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