Sanremo, niente bis per Bonolis

SANREMO (23 febbraio) - Tutti contenti. Chi vince, chi perde (meno) e chi sta così, così. Il problema per il Festival però si chiude in una domanda: e adesso? Bonolis prima nicchia («ho bisogno di smaltire questa sbornia») poi, giustamente, si tira fuori («un successo così è difficile da bissare, meglio farlo decantare»). A cosa fare ci penserà poi, ma rivendica di non aver nessun obbligo verso Mediaset («non ci sono strascichi contrattuali») e la libertà di scegliere: «Di qua, di là, oppure da nessuna parte perché per me la tv non è tutto».

Tornando a Sanremo e al suo futuro, il direttore (uscente) di Raiuno Del Noce affida la baracca ai «futuri vertici», ma aggiunge che c’è bisogno di cominciare il lavoro, per farlo bene, da maggio. Difficile, con questi chiari di luna, che la cosa possa risolversi così rapidamente. Quanto ai candidati possibili, comunque la si metta, Maria De Filippi sbarcando sul palco dell’Ariston ha posto quanto meno l’ipotesi di una sua candidatura. Si dirà: è sotto contratto con Mediaset. Si può rispondere: ma Mediaset non ha avuto problemi a cedere in passato i suoi artisti per Sanremo.

Se ne parlerà. La verità è che, a parte Pippo Baudo, Raiuno non ha grandi disponibilità di nomi all’altezza fra Conti, Clerici e via dicendo. E il rischio è di far risprofondare il Festivalone nella crisi. Meglio incassare il risultato e far finta di nulla. Bonolis se ne torna a Roma sul carro del vincitore («si è guadagnato il cachet milionario», ha concesso il ministro Brunetta). Gli ascolti hanno rifiatato, tenendo la media di dieci milioni di spettatori a sera, e toccando il 54,24 per cento nel finalone di sabato, con il 75,53 per cento incollato al video nel momento della proclamazione del vincitore. La musica è riuscita a tenere un ruolo centrale: non solo con le canzoni in gara (meritava più attenzione, anche nel palmarés, la presenza di un genio assoluto come Burt Bacharach che ha confezionato la canzone di Karima), ma anche in vari altri momenti: dall’omaggio a De André con la Pfm, alla performance di Annie Lennox, ad alcuni duetti delle proposte.

Ma è l’intera macchina chiamata festival ad aver girato bene, nonostante alcune lungaggini e alcune presenze superflue (modelli & modelle). Il neo più evidente sta invece nei meccanismi di voto, nelle giurie buttate allo sbaraglio. Da quella demoscopica, che ha cominciato subito a fare danni, al polverone finale del televoto, campione assoluto dell’indistinto. Scelto il televoto era naturale che Marco Carta vincesse. Il ragazzo sardo, nonostante un pezzo debole, ha richiamato all’ordine le sue legioni di Amici (quando vinse il talent show ebbe un suffragio del 75 per cento) sbaragliando gli avversari con il 57,62 dei consensi. A conferma che a contare sono in musica, come in politica, i pacchetti di voti e Marco sicuramente ne dispone, come ne hanno disposto Sal Da Vinci, col suo radicamento territoriale, e Povia con la sua canzone che ha radicalizzato le opinioni su un tema come l’omosessualità.

Non solo, il televoto ha portato al rush finale tre pezzi mediocri, tagliando via il meglio e dando al Bonolis 2 una sorta di epitaffio al negativo. Paolo se ne rende conto, ammette il problema, ma lo risolve drasticamente: «Ho fatto il farmacista e il sarto per vestire il Festival in modo elegante e rapido. Non mi sono occupato dei meccanismi di voto. Della gara non me ne frega niente. E, comunque, sono convinto che sia la musica ad aver vinto». Malvoto, dunque, anche se, indirettamente, la presenza di Carta ha portato un’improvvisa ventata su tutto il Festivalone, nel senso che la valanga di televoti (800 mila solo nella serata finale) ha messo davanti alla tv una generazione di Amici-dipendenti, portando in dote a Raiuno un esercito di ragazzi fra i 20 e i 12 anni. Marco, che ha 23 anni, sicuramente sarà un bestseller. Destinato a fare il paio anagrafico con il folletto Arisa, 26 anni, vincitrice fra le Proposte e già in testa con il suo singolo, Sincerità, su iTunes (ma già c’è chi grida al plagio, perché il pezzo ricorda Somewhere nicer, tratto dall’album The magic land of radio della band britannica Obi che accompagnò gli spot della Visa e della Opel; altri avvicinano invece il brano a una celebre canzone degli anni Sessanta dei Bertas, Fatalità).
/94/11/th/20090211.jpg[/img][/url]